Quando avevo circa 17 anni il mio taglio di capelli era indecente. Era strano ben oltre la moda rilassata degli anni settanta. Non era un taglio lungo, né corto. Non era simmetrico, e aveva ciocche che spuntavano in varie direzioni. Era talmente indecente che la gente spesso trovava il coraggio di superare la naturale reticenza sull'argomento e chiededermene contro. La mia risposta era tamente candida da suonare come una scusa insulsa. "Non è colpa mia - mi difendevo - la colpa e' del mio barbiere". E quando mi si chiedeva perché io non provassi a trovarne uno migliore, la mia risposta era sempre la stessa: "Perché è un poeta".
La prima volta che ho sentito parlare di Vincenzo Pellegrini, barbiere poeta di Lucera, è stato grazie ad un carissimo amico di mio. Avevo notato un libro decisamente strano nella sua libreria. Il titolo era Poesie Senza Canto, di Vincenzo Pellegrini, Barbiere Poeta di Lucera, come specificato in copertina. Lucera è una piccola cittadina nel Sud Italia, fondata da Federico II nel 12 ° secolo o giù di lì, in una area assollata del meridione coperta di grano. Potrebbe suonare romantico, ma non lo è. Si tratta di una terra aspra, dove la vita e' dura, una enclave claustrofobica in cui lo stato sociale ha regole rigide e arcaiche.
Sulla copertina del libro, accanto al titolo e il nome dell'autore, c'era una foto di lui con un taglio di capelli spettacolare. Sotto il suo nome, in grandi caratteri rossi, troneggiava la scritta Premio Nobel. A più attenta lettura si scopriva che era il consenso di un lettore sincero che meritava un premio Nobel, non l'autore. Un simile trucco, pensai, non poteva che essere messo a punto da un autentico poeta, e quando il mio amico mi disse che il negozio del barbiere era a due passi, decisi che avevo urgente bisogno di un taglio di capelli.
Scesi in strada e trovato il negozio di barbiere vi entrai. All'interno vi trovai un cliente, il barbiere, e una bimba di circa un'anno. La bimba era bloccata in un passeggino, che masticava felicemente lo stesso libro che avevo visto a casa del mio amico, Era la figlia del barbiere. Dopo essermi seduto, il barbiere mi mise in grembo una grosso raccoglitore di poesie e ritagli giornale sul poeta biondo, il suo nome d'arte, anche se c'e' da dire non aveva affatto capelli chiari.
Mi immersi avidamente nella lettura che mi inizio' al mondo segreto del poeta biondo. Le sue poesie appartenevano a tre categorie chiaramente distinguibili. La categoria piu' numerosa era quella delle composizioni contro il Circolo Unione di Lucera. Come succede spesso in città di piccole dimensioni, la vita sociale dei maschi adulti ruota attorno a club, a circoli. Pare che in gioventù Vincenzo avesse proposto la sua candidatura al Circolo Unione di Lucera, e con suo grande rammarico fosse stato respinto a causa del suo stato sociale, del suo lavoro servile, non all'altezza degli altri membri del circolo.
Questo episodio lo scosse terribilmente. Una città piccola è come una piccola isola, dove i destini delle poche persone che vivono su di essa sono destinati a incrociarsi. Da bambino Vincenzo crebbe giocando con i figli del farmacista e del medico, mentre lavorava nel negozio da barbiere come apprendista. Ma quando raggiunse la maggiore età e cerco' di diventare un membro riconosciuto della società in cui viveva, una porta gli venne chiusa in faccia senza molti complimenti. Il dolore causato da questa esperienza fu' insopportabile, e Vincenzo ne portò la cicatrice per il resto della vita. Fuggi' da Lucea, si assegno' un titolo più elevato di quelli dei suoi ex amici, quello del poeta, e li maledisse nelle sue poesie per il resto della sua vita.
Una seconda categoria di poesie era sui neri. Curiosamente, il poeta biondo era estremamente sensibile la ribellione dei neri contro i loro padroni bianchi. Così entusiasta che in molte poesie descriveva in dettaglio le atrocità che i ribelli neri avrebbero giustamente dovuto infliggere ai bianchi. Ma in quel periodo l'Italia era lontana dall'essere multiculturale, ed era pressoche' impossibile trovare qualcuno di discendenza africana a Lucera. Gli schiavi neri nelle poesie di Vincenzo erano piuttosto un simbolo, una rivalsa contro l'oppressione e il dominio che avevano caratterizzato, tra l'altro, il sud rurale d'Italia per migliaia di anni. Un simbolo che gli permise di esprimere a pieno la sua rabbia, il suo odio e il disprezzo per ogni forma di oppressione.
Così i due principali temi di espressione Vincenzo Pellegrini erano indissolubilmente legati alle umiliazioni vissute nella sua giovinezza, nell'ambiente soffocante del sud rurale. Ma, come ogni poeta, egli aspirava ad essere riconosciuto nella sua arte, e sapeva fin troppo bene che le poesie contro l'oppressione e la schiavitù non erano ciò che avrebbe potuto renderlo popolare. Così creo' una terza categorie di poesie, quella che presentava a concorsi poetici di vario genere, insieme con il suo curriculum e suoi ritagli di giornale. Poesie che parlavano di primavera, di fiori, del canto degli uccelli, e di piccoli villaggi felici. Tutto questo non gli veniva molto naturale, mi confesso', e considerava tali poesie minori rispetto alle altre. Ma sorprendentemente aveva vinto parecchiedi queste gare poetiche. Alla fine fine, pero', la sua strategia di diventare un poeta riconosciuto ufficialmente attraverso questo genere di competizioni si rivelo' fallimentare tanto quanto quella di presentare la propria domanda alla Unione Circolo di Lucera. Il Circolo dei Poeti Ufficialmente Riconosciuti molto più selettivo e squallido di qualsiasi altro circolo di paese.
Il barbiere poeta ho tagliato i miei capelli per anni, discutendo di poesia, arte e libri. Era una persona colta, che visitava con assiduità le biblioteche pubbliche appena poteva. Poi un giorno il suo negozio da barbiere chiuse. Non sono molti quelli che amano le poesie più che i loro capelli. Negli anni successivi, so che ha partecipato a qualche trasmissione in televisioni locali, principalmente rappresentando la caricatura di se stesso. Ho scoperto anche un film trash che ridicolizza le sue poesie. Come poeta non ce l'ha fatta. Negli ultimi anni scrisse un romanzo, in cui racconta di un suo viaggio al Polo Nord con il suo buon amico esquimese Togut. Dopo tanti anni, credo si fosse reso conto che fuggire dal suo piccolo paese rurale non era stato abbastanza, e che abbia iniziato a sognare di lasciarsi alle spalle tutta l'umanita' dirigendosi al Polo Nord.
Tutto quello che so dell'arte di Vincenzo Pellegrini, barbiere poeta di Lucera, è che la sua poesia era vera. Non bella, o brutta. Ma vera. Non un mezzo per ottenere il consenso tra gli intellettuali. Non è un messaggio cifrato con citazioni nascoste che sollazzano di piacere gli sterili critici d'arte. Per Vincenzo Pellegrini la poesia è stato un modo per superare lo squallore di una società desolante. E 'stato un modo per esprimere la sua rabbia e il suo disprezzo contro ogni forma di oppressione. E 'stato un modo per affermare inequivocabilmente che era meglio lui, meglio di qualsiasi farmacista nel Circolo Unione di Lucera. Che qualsiasi schiavo è migliore del suo padrone. E non posso che essere d'accordo con lui con tutto il cuore.
"E' mio desiderio
Fatemi una statua di bronzo,
adesso ch'è tempo,
domani
sarà troppo tardi.
Mettetela a Lucera,
città mia nativa,
proprio al centro
di piazza Duomo.
Di spalle
al circolo "unione",
di fronte
alla cattedrale
Inchinatevi
quando passerete
dinanzi
ad essa.
Io sono
il poeta
biondo
lucerino."
adesso ch'è tempo,
domani
sarà troppo tardi.
Mettetela a Lucera,
città mia nativa,
proprio al centro
di piazza Duomo.
Di spalle
al circolo "unione",
di fronte
alla cattedrale
Inchinatevi
quando passerete
dinanzi
ad essa.
Io sono
il poeta
biondo
lucerino."
di Vincenzo Pellegrini, Barbiere Poeta di Lucera.
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